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La mente medica. Che significa umanizzazione della medicina?

Autore/i capitolo: Imbasciati A.

Il progresso della medicina ha inesorabilmente tecnicizzato l’operato del medico riducendogli inevitabilmente gli spazi, sia mentali che operativi che egli poteva dedicare al rapporto umano, che negli anni passati egli poteva stabilire coi pazienti e che poteva rendere effettivo il detto latino medicus ipse farmacum.

Anche la formazione stessa degli attuali medici, con la necessità di una sempre maggiore quantità di nozioni biologiche e tecniche e di un continuo aggiornamento in questi campi, riduce la possibilità che il medico come persona si dedichi alla persona del paziente.

Quanto Balint nel 1957 descriveva nella sua opera “Medico, paziente e malattia” è ormai un mito. L’organizzazione degli ospedali e di tutti i servizi sanitari si è inoltre altrettanto inevitabilmente burocratizzata, togliendo anch’essa spazio al rapporto umano. La mancanza di risorse, grave soprattutto in Italia, ha acuito l’aspetto impersonale delle organizzazioni sanitarie, se non talora è diventata fattore di burn out dei servizi. Il malato, il paziente, si trova oggi spesso a sentirsi soltanto un numero di una macchina da riparare.

A fronte di questo mutamento della formazione e del ruolo del medico, si è sentito il bisogno di una “riumanizzazione” o meglio di una nuova “umanizzazione” della medicina: il legislatore vi ha provveduto istituendo non poche e differenziate figure di altri operatori –infermieri, fisioterapisti, riabilitatori, assistenti sanitari ed altri- con rispettive lauree (dette sanitarie) prima triennali e ora quinquennali, e con percorsi formativi differenziatamente dotati, per ogni laurea, di apporti di discipline psicologiche, sociologiche, pedagogiche, antropologiche. A questi nuovi operatori della Sanità, o meglio della Salute secondo il concetto definito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, si affiancano altri operatori: psicologi, assistenti sociali, educatori, pedagogisti, costituendo quella categoria oggi definibile come “professionisti dell’aiuto”. A tutti questi operatori è stato devoluto il compito di rinnovare l’assistenza dell’antico rapporto umano medico-paziente, articolato oggi per il progresso di tante altre scienze non mediche, rese necessarie per le molteplici complicazioni dell’attuale nostro vivere civile.

Queste scienze sono talora dette “umane”: si invoca pertanto l’umanizzazione della medicina. Entrambe queste dizioni sono però riduttive, e facilitano grossi equivoci di significato, sia nel senso comune che nella cultura sanitaria, e di conseguenza nella modalità nella loro applicazione. Le scienze sopra menzionate sono oggi differenziate e scientificamente progredite, cosicché il riunirle sotto il termine di scienze umane rischia di mettere in ombra la loro scientificità, nonché la specificità dei rispettivi professionisti, favorendo l’equivoco che si tratti di semplice disponibilità d’animo, sensibilità e buona volontà di una qualunque persona che più o meno idealisticamente voglia applicar visi. Così “umanizzazione della medicina” viene di fatto ad essere intesa come qualcosa di poco di più di un volontariato.

Così sta purtroppo accadendo per il concorso di tre fattori:

  1. la mancanza di risorse nel rendere efficaci i percorsi formativi delle lauree sanitarie, ovvero la grave insufficienza economica in cui versa l’Università italiana;
  2. il potere della cultura medica tradizionale, a lungo rimasta avulsa dallo sviluppo di altre scienze;
  3. l’ignoranza e la presunzione del senso comune circa le scienze psicologiche.

Sta così accadendo che la professionalità medica, tecnologizzata così come oggi e al contempo illusa di essere ancora carismatica, si sta impadronendo di professioni che avrebbero dovuto essere diverse, “altre”, non “sue”. Abbiamo la “medicalizzazione dei servizi”, lamentata quanto subíta senza alternative.

Il presente testo è interamente dedicato al problema, prospettandone le conseguenze a lungo termine, in chiave psicosomatica e transgenerazionale, in uno scenario futurologico che può destare preoccupazioni per la salute mentale e sociale.

Indice del volume

PRESENTAZIONE
CAP. 1 OSSERVAZIONE E INTERAZIONE COL MALATO
1.1 Osservazione, comunicazione, relazione
1.2 Medicus ipse farmacum
1.3 Oggettività?
CAP. 2 MODELLI SOTTESI ALL’ATTUALE PRASSI MEDICA ITALIANA
2.1 Oggettivismo, concretismo, transitivismo, coscienzialismo
2.2 Intervenire
CAP. 3 COME SI FORMA E FUNZIONA UNA MENTE
3.1 Mente e cervello
3.2 Lo psicologico e “il cervello”
3.3 I processi mentali
3.4 Il cervello impara a imparare: a cominciare dal feto
3.5 L’irrepetibilità della mente del singolo
3.6 Significati e significanti
3.7 Memoria e ricordo
CAP. 4 IL PROBLEMA INCONSCIO-COSCIENZA
4.1 Dall’impostazione freudiana a più recenti sviluppi psicoanalitici
4.2 Cognitivismo e psicoanalisi
4.3 Il problema della coscienza
CAP. 5 LA COMUNICAZIONE AL DI LA’ DELLA PAROLA: TRANSFERT E CONTROTRANSFERT NELLA PRATICA MEDICA
5.1 Trasmissione e comunicazione di affetti
5.2 Affetti inconsci in ambito sanitario
5.3 Al di là della parola: la comunicazione non verbale
CAP. 6 ORIGINI E COSTRUZIONE DELLA MENTE
6.1 Dal feto all’infante: il caregiver e la capacità di rêvérie
6.2 Una nuova Metapsicologia
CAP. 7 CULTURA MEDICA, TRADIZIONE E SVILUPPO DELLA PSICOLOGIA
7.1 Il dottore
7.2 Cultura medica e scienze psicologiche
7.3 Salute o Sanità?
CAP. 8 LA STRUTTURA PSICOSOMATICA
8.1 Psiche e soma
8.2 La psicosomatica
8.3 Alessitimia e psicosomatica
8.4 Madre-infante e psiche-soma
8.5 Clinica psicosomatica
CAP. 9 NORMALITA’ E PATOLOGIA: GLI EQUIVOCI DI UNA PSICOLOGIA MEDICALIZZATA
9.1 La concezione del “guasto”
9.2 L’anomalia
9.3 Quale normalità?
9.4 Chi turba il disturbo
CAP. 10 PSICOLOGIA CLINICA E CULTURA MEDICA
10.1 La Psicologia Clinica negli ordinamenti universitari
10.2 “Clinico” e Psicologia Clinica
10.3 Psicologia Clinica in ambito medico: equivoci e fraintendimenti
10.4 Quale formazione psicologica in area sanitaria?
10.5 Categorie mediche in psicologia?
10.6 Futuri psicologi medicalizzati?
10.7 Quale futuro per la Psicologia Clinica?
CAP. 11 LE CAPACITA’ RELAZIONALI
11.1 La buona relazione
11.2 Formazione delle capacità relazionali
11.3 Formazione permanente
CAP. 12 ORGANIZZAZIONE E ISTITUZIONE
12.1 I processi mentali nel collettivo
12.2 Le angosce di morte
12.3 Stress e Burn-Out
12.4 Il Burn-Out nelle professioni di aiuto
12.5 Burn-Out e psicologia della Salute
CAP. 13 LA QUESTIONE DELLE PSICOTERAPIE
13.1 Psicoterapia, senso comune e cultura sanitaria
13.2 Correggere un deficit o sviluppare la persona?
13.3 Il caos delle psicoterapie
CAP. 14 IL MEDICO E LE ALTRE (SUE?) PROFESSIONI
13.1 I professionisti dell’aiuto
13.2 Gli psicologi
13.3 Operatori della salute
APPENDICE
N.1 Statuto e Regolamento del “Collegio dei Professori Universitari e dei Ricercatori di Psicologia Clinica delle Università Italiane”
N.2 “Medici e psicologi” (e perché non altri?): intervista al prof. Imbasciati. A cura di Tania Fiorini, Psicologia Toscana, 2007, XIII, 1: 7-13
BIBLIOGRAFIA
INDICE ANALITICO

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