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Insegnare a insegnare

5 Aprile 2023

[ Articolo aggiornato il 23/08/2023 ]

Perché? Da anni si parla della crisi della scuola italiana. Molte riforme senza risultati. Insoddisfazione di studenti, famiglie e insegnanti. Siamo sicuri che il problema della scuola sia solo in un deficit istituzionale e di risorse?

Da qualche anno la stampa d’ogni genere, scientifica o dichiarata tale, e decisamente quella “popolare”, parla del crescente disagio delle giovani generazioni, come matrice di una crescente criminalità, violenza sotto le più varie forme, crisi e dissoluzione dei legami e della famiglia, diffusione e abuso di droghe e/o farmaci, corruzione a vari livelli e, infine, di un generale aumento dei disturbi mentali.

Molto spesso nelle preoccupazioni per il futuro della nostra società civile viene chiamata in causa una inadeguatezza della Scuola, quella italiana in particolare.

Poche voci però si sentono su come vengono formati gli insegnanti, sulle modalità con cui vengono arruolati e impiegati, e soprattutto su come sono remunerati e, di conseguenza, di come dovrebbero essere remunerati.

La professione di insegnante non “insegna” adeguatamente, mentre è diventata un “impiego” di ripiego, spesso per madri che vogliono curare casa e famiglia; comunque un lavoro part-time.

Sembra esistere ben poca considerazione sulla circostanza che il diventar esperto in una particolare scienza (o gruppo di discipline), come nelle nostre lauree, non significa saperle insegnare, soprattutto a generazioni abituate (ormai !?) a ben altre “relazioni” umane rispetto a quelle che un tempo offrivano modelli di vita e di civiltà. A tali relazioni gli insegnanti, dopo molte delusioni, sono ormai demotivati.

Occorrerebbe reinsegnarglielo? Facile è dirlo, come per tante “parole” che oggi si propalano. Occorrerebbe innanzitutto che si insegni come si fa a imparare senza falsificazioni: imparare non significa acquisire la risposta “esatta” a un quesito già designato e formulato; l’apprendimento non è la risposta a un quiz: anche se questo presenta molte possibili risposte, fornisce comunque contenuti prestabiliti e non gli improvvisi quanto utili ulteriori interrogativi, impreviste comprensioni e connessioni, spiegazioni delle risposte; non fa in-parare, cioè parare-in (im) ogni interiore imprevisto; e, naturalmente "coglierlo".

Imparare davvero è un imparare come si fa a imparare: quel che sto percependo, sapendo o no di percepire, e quel che sto pensando, anche se non so di “pensare”; significa porsi sempre dei perché indefiniti, indagare sulle possibili connessioni tra quel che ho pensato e penso. Vuol dire avere l’abitudine a indagare, soprattutto indovinando cosa val la pena di osservare di più.

Porsi sempre dei perché indefiniti ...

Il cosiddetto apprendimento tramite linguaggi digitali non può che essere parziale -e quindi falso- nel dare l’illusione di aver imparato, perché così si imparano soluzioni prestabilite e non si impara ad imparare. Questo deve essere interesse personale della propria identità, della propria personalità, affettività, carattere: il digitale lo mortifica e lo uccide, prima che nasca nelle giovani generazioni, nell'illusione di una più utile intelligenza artificiale. Che ne sarà dell'Homo Sapiens?

Tutto questo dovrebbe essere “insegnato” (in signum) nelle scuole. Ma come? Riforme ne abbiamo avute, con l’effetto di meri effetti cartacei, burocratici.

Per un insegnamento formativo

La Scuola Elementare sembra salvarsi dal disastro, ma dalla Scuola Media fino al suo culmine, nell’istruzione universitaria, un “insegnamento”, formativo nei suoi intenti primari, sembra sciogliersi in un progressivo e compiacente disfacimento.

Solo a livello di formazione postuniversitaria tenta di rattoppare un vestito, che però non trattiene toppe. La politica guazza in questo pantano. La corruzione vi si innesta.

Cosa trattiene governanti e politici dal prendere in fattiva e adeguata considerazione questo “ordine delle cose”? È “impolitico” cominciare a pensare a una professione economicamente più attraente? Indispensabile certamente, ma inutile, se non accompagnato da più radicali riforme che nella struttura rispecchino una concezione autentica della Scuola.

Certamente questo sarebbe indispensabile, ma inutile se non accompagnato da più radicali riforme strutturali, che dovrebbero essere efficaci nel cambiare la mentalità acquisita da parte di “chi va a insegnare”. C’è qui da smuovere l’assetto inconscio della mente, sia degli insegnanti sia dei politici che credono di guidarli.

A tal proposito tutti son pronti a citare una mancante capacità degli insegnanti: questo serve da comoda accusa di colpevoli, che serve a mettere in ombra il fatto che “insegnare davvero” necessita che l’insegnante abbia autorevolezza, e questo necessita di una precisa legislazione al proposito. Si dimentica che “autorità”, autorevole, nella nostra lingua derivano dal latino "augeo" = far crescere: “auctor” è colui che fa crescere, ma questo non può sussistere se non trova il terreno adatto, anche legislativo: l'insegnante di una scuola è un pubblico ufficiale. Nel linguaggio comune, invece, autorità, autorevole, autorevolezza sono diventati sinonimi di “autoritarismo”, abuso di autorità , cioè prepotenza.

Si arriva così a stigmatizzare e colpevolizzare gli insegnanti di ogni difetto della cosiddetta scuola. Che, poi, la scuola italiana venga detta “eccellente” è mistificato dall’inflazione dei voti: dovrebbe essere con un punteggio in decimi, ma chi ha mai visto un ”1” o un “2”? Le regole della psicometria servono solo alla pubblicità?

Come è accaduto tutto ciò?

Forse qualche occulto (inconscio, diremmo) disprezzo, nell’animo del “ragazzo” intrappolato nel politico “adulto”, agisce, sotterraneamente, una qualche vendetta sui “professori”? Nella cui immagine, i politici stessi hanno riversato le proprie deficienze, non di nozioni, ma dei multiformi “affetti” senza nome che formano e guidano la mente che il soggetto non sa di avere (vedi il mio post “Il digitale fa male?”).

Come sciogliersi all’intrigo? Come potranno le successive generazioni liberarsi dalle ipoteche in cui già i loro genitori sono rimasti vittime?

[ Articolo aggiornato il 23/08/2023 ]

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