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Bodybrainmind: come viene a costruirsi il cervello individuale

BodyBrainMind, nascita del cervello - Bigstock 297451675
26 Febbraio 2023

Ho usato il termine “bodybrainmind” per la prima volta nel 2017, spiegando come si doveva intendere la cosiddetta psicosomatica alla luce delle più recenti ricerche scientifiche.

Ho usato il termine “bodybrainmind” per la prima volta nel 2017, con le tre parole inglesi esattamente in questo ordine, nel corso dei seminari che ho tenuto all’Università di Brescia per i laureati operatori delle professioni di aiuto (psicologi, medici, psichiatri, assistenti sociali, ostetriche, ricercatori psicobiologici), spiegando come si doveva intendere la cosiddetta psicosomatica alla luce delle ricerche più recenti.

L'intento era di rispondere a una domanda antica: In che tipo di reciproche connessioni sono il corpo e la mente (o “psiche” che si voglia più ampiamente intendere)?

Nihil est in intellectu quod non fuerit prius in sensu”, così dichiarava la Scolastica di Tommaso d’Aquino rifacendosi ad Aristotele. Qualche secolo dopo Leibniz corresse: “Nisi intellectus ipse”.

Cosa intendevano, o a cosa alludevano, o meglio ancora cosa cercavano quei filosofi coi loro termini e concetti? Certamente studiavano in che rapporti stessero la mente e il corpo: ma come erano questi concepiti, o sottintesi, coi termini e i concetti del tempo?

Intellectus: inter-legere e inter-ligare

Intellectus, con la sua doppia etimologia, inter-legere (intelligere), ma anche inter-ligare, esprime l’idea dell’intelligenza umana come la capacità di mettere insieme (legare) ciò che già si sa, e che serve a capire cose nuove “inter” (in mezzo, insieme) a quel che si è appreso; e che così si riesce a “connettere”, come diciamo oggi; nonché ciò che tra l’uno e l’altro evento (“inter”) serve per distinguerli e connetterli fra di loro.

Il linguaggio e i concetti si prestano a esprimere ciò che oggi sappiamo meglio sulla fisiologia del Sistema Nervoso e del cervello in prima istanza, su come essi funzionano, attraverso le connessioni sinaptiche: ogni nuova esperienza viene elaborata da una rete sinaptica e in tale elaborazione viene a cambiare integrandosi con la rete stessa.

Sensus: afferenza o percezione?

Ma cosa si intendeva per “sensus”? Era questo considerato in quell’epoca funzione del corpo, senza distinguere tra quanto è biologia (afferenza) e quanto risultato entro la soggettività (percezione: vedi il post “Il neonato percepisce?”), e come risultato della “carne” (donde “sensualità”), come insegnava la Scolastica, per far risaltare il divino “spirito”: dunque “dal corpo” a quanto si intendeva con “mente”.

Questa “trasmissione” dai sensi del corpo alla mente venne criticata da Leibniz: non può essere semplice e automatica, ma occorre prima (“prius”) che intervenga lo stesso intelletto, cioè ancora qualcosa di non semplicemente materiale, “carne” o corpo.

Ci vuole una mente che possa rendere utilizzabile l’apporto dei “sensi”, che possa “leggere”, intelligere quel “quod” che il corpo segnala, affinché sia utilizzabile nella vita di quel soggetto, cioè diventi esso stesso intellectus (mente): “Intellectum ab intellectu ipso”.

C’è qui dunque l’intuizione che il corpo con le sue afferenze, sottintese nel “sensus”, possa strutturare, anzi costruire (con-struere) la mente: il cervello, oggi sappiamo, che riceve in continuazione informazioni da tutto il corpo e le organizza accrescendo la propria funzionalità nel produrre la mente. Come espresso dalle tre parole “body”, “brain”, “mind”.

Ciò significa che si intuiva che dal corpo arrivava qualcosa che però la mente doveva assimilare e trasformare con le sue proprie funzioni dell’interligere, in modo che diventasse suscettibile di apportare ulteriori capacità alla mente. Oggi sappiamo che questo processo è svolto dal cervello. Potremmo supporre che Leibniz abbia preconizzato l’importanza di quel contenuto gelatinoso del cranio, il cervello, come il dispositivo per il continuo arricchimento di possibilità funzionali della mente.

Dal corpo alla mente: biologia intelligente?

Possiamo pertanto affermare che si sapeva che il corpo è indispensabile affinché si formi una mente, ma non ancora come questo fosse possibile, cioè le modalità, meglio i processi, per i quali un “corpo”, biologico, può dare origine a questa “mente”, così diversa da un semplice “sensus”.

Oggi possiamo precisare che ciò non può avvenire direttamente dal biologico al mentale, cioè senza il tramite del cervello, il cui funzionamento, biologico, riceve e organizza le informazioni del corpo come memoria: questo significa modificazione delle connessioni nella rete neurale.

La memoria, all’occorrenza della “lettura” di ulteriori informazioni, è così in grado di far eseguire alla mente quel che ne comporta, consciamente o inconsciamente nella soggettività del pensiero, più spesso solo nel comportamento, dandone a sua volta ulteriore informazione al cervello stesso; il quale, con ulteriore modificazioni delle sue reti, aggiorna la memoria.

Con “questa” mente (soggettività, ma anche mero comportamento) facciamo “esperienza”, ovvero governiamo il nostro corpo in modo che dia ulteriori informazioni, continuamente nuove, utilizzabili dal cervello in quanto le riconosce (percezione = riconoscimento in base alla funzione “memoria”) e connette per ogni eventuale successivo utilizzo: per “costruire” una mente.

Dal neonato (dal feto) all’adulto maturo viene così a costruirsi una mente sempre più attrezzata, in quanto diretta da un cervello sempre più efficiente per la continua “lettura” di quanto gli offre il “body”.

Bodybrainmind: processo circolare dal corpo alla mente

Possiamo allora parlare di una sequenza, circolare, dal body al brain e dal brain al mind, in una unitaria e continua comunicazione: bodybrainmind, che struttura progressivamente il cervello e la mente che il cervello produce.

Ricordiamo qui che nessuno ha un cervello uguale a quello di un altro. Questa costruzione, al suo inizio si impianta e viene condizionata —trasformata— su connessioni neurali genetiche caratteristiche della specifica specie animale, e sviluppata a seconda dello specifico corpo di quella specie.

La denominazione linguistica “bodybrainmind” si presenta utile per ricordare la continua intercomunicazione tra corpo e mente e viceversa, su cui si basa la costruzione della mente individuale, che nella sua sequenza riassume il continuo equilibrio di connessione tra quella mente e quel corpo.

È opportuno qui ricordare come dal corpo arrivino, non semplicemente informazioni (cfr post afferenza/percezione) dagli apparati dei cosiddetti cinque sensi, ma la diffusa e continua informazione da parte delle miriadi di sensori biochimici del corpo nelle relative variazioni della dinamica biologica dell’organismo.

Psicosomatica: comunicazione e regolazione tra corpo e mente

La “psicosomatica” non è la semplice possibilità che una non meglio definita psiche influisca sul corpo, bensì la continua reciproca comunicazione e regolazione tra corpo e mente attraverso il cervello.

L’uso del termine “bodybrainmind”, di cui all’inizio ho menzionato la primogenitura in Italia, non è una scoperta: serve solo a stimolare la nostra cultura a considerare quanto deve essere ancora assimilato dall’odierna medicina, in base alle conoscenze scientifiche attuali, neurologiche e psicobiologiche.

Ogni essere vivente viene ad “attrezzarsi”, partendo dal corredo genetico della specie, dal concepimento lungo la propria perinatalità, fino all’età più matura, in una costruzione del suo cervello. L’homo sapiens in particolare, avendo un cervello enormemente capiente, è in grado di fare la “sua” esperienza, costruttiva del “suo” cervello, in modo differente da ogni altro suo consimile, in un destino in gran parte ancora da studiare (cfr. Perinatalità), diventando ognuno differentemente “intelligente”.

Questo può dirsi oggi “intellectus”: sappiamo oggi che è squisitamente individuale.

Malgrado se ne sappia oggi spiegazione in base all’esperienza, spesso nel senso comune ne viene chiesto il perché. In effetti si constata che non lo è. La difficoltà nell’assimilare tale concetto sta nell’immaginare soggettivamente come fu l’esperienza del singolo feto-neonato-bimbo (perinatalità), che condizionò primariamente ogni successiva trasformazione della memoria neurale.

Ma tutto ciò, non essendo “percezione” di eventi rappresentabili (cfr “Il neonato percepisce?), né di parole –esperienza preverbale– ma solo modificazione neurale generata dagli affetti intercorsi, non può essere descritto, o ricordato, né immaginato ma solo “agito”, nella cangiante e inconscia memoria della propria struttura caratteriale affettiva.

Potremmo dire, paradossalmente, che “gli affetti” costituiscono il fondamento dell’intelligenza … forse il digitale la limita?

Letture consigliate

Imbasciati A., Una vita per la psicoanalisi, La costruzione del cervello e il futuro dell’umanità, Mimesis, Milano 2019

Imbasciati A., “Bodybrainmind, sette lezioni per una neuropsicoanalisi”, Mimesis, Milano 2020

Imbasciati A., “Coscienza inconscio memoria”, Mimesis, Milano 2022

Imbasciati A., Cena L., “Psicologia Clinica Perinatale babycentered”, Franco Angeli, Milano 2020

Imbasciati A., Cena L., “Il futuro dei primi mille giorni di vita”, Franco Angeli, Milano 2018

Post sito

1) Il neonato percepisce? 2) Cosa si intende per perinatalità

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